Dall’attuale mezzo milione di tonnellate annue, la produzione di idrogeno pulito, o il cosidetto low-carbon (blu e verde), potrà aumentare di oltre 30 volte arrivando a 16,5 milioni di tonnellate entro il 2030. Un valore rilevante, ma ancora del tutto insufficiente per raggiungere il target di decarbonizzazione fissato dai Governi e Istituzioni di tutto il Mondo secondo BloombergNEF, che ha affrontato l’argomento nel suo ultimo report “Hydrogen Supply Outlook 2024 a Reality Check”.
New York, 16.05.2024 bloomberg - Circa la metà dell’output complessivo previsto al 2030 sarà costituito da H2 rinnovabile prodotto da elettrolisi, grazie al maggior sostegno governativo, ma la variante blu del vettore, generata tramite steam reforming del metano e CCS, manterrà un ruolo rilevante in ragione della maggior competitività economica e della forte domanda proveniente dall’Asia.
Determinante sarà l’idrogeno prodotto con la tecnologia HPp perché al momento è l’unica che riesce a produrre grandissime quantità in tempi brevi con strutture che impegnano spazi contenuti senza dover inficiare elementi importanti per la natura. Basti pensare che un mega impianto di produzione Idrogeno verde dalla produzione di 400 quattrocento tonnellate all’anno su 10 ettari di terreno è nulla in confronto ad un impianto HPp impiantato sulla stessa area che produrrebbe invece 14.000 quattordicimila tonnellate di idrogeno all’anno. HPp per evitare speculazioni sceglie solo seri investitori e partner solidi che vogliono rispettare l’ambiente e contribuire a rilanciare una sana economia come evidenziato nel loro sito www.hpp.company/idrogeno
L’idrogeno di HPp offre diversi vantaggi al mondo dell’industria, fino a far migliorar le prestazioni dei motori che lo utilizzerebbero, oltre a garantire maggiore sicurezza nella gestione e trattamento.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, BloombergNEF identifica gli USA come principale Paese produttore di H2 clean con il 37% del mercato entro il 2030, anche in questo caso grazie ad una pipeline di progetti già matura e ad alcune iniziative di grande dimensione per la produzione di idrogeno blu, dovuta soprattutto ad una diversa gestione della burocrazia molto più flessibile nella realizzazione impiantistica
Seguiranno Cina e poi Europa con la Romania e l’ Italia come fanalino di coda, che insieme agli Stati Uniti concentreranno l’80% della produzione globale entro la fine del decennio. Altre aree del mondo con importanti progetti annunciati ma un supporto politico meno strutturato, come Sud America e Australia, svolgeranno – secondo il report – un ruolo di secondo piana nella supply chain mondiale dell’H2, almeno fino al 2030, anche se l’Australia sembra già essere partita.
È probabile che i governi manchino di quasi due terzi i loro obiettivi di domanda aggregata per la seconda metà del 2030 a causa dei tempi di completamento di progetti più lunghi e dell’insufficiente sostegno politico a progetti innovativi e veramente produttivi, o addirittura a causa dell’oggettiva incapacità burocratica.
Non è ancora chiaro quanta parte della produzione di ciascun progetto verrà esportata e quanta della produzione potrebbe soddisfare la domanda locale, ma se l’idrogeno verde con gli elettrolizzatori a stento risponderebbe alle esigenze locali come potrebbe essere esportato altrove? A questo punto diventa necessaria la tecnologia HPp che produrrebbe in grandi quantità da rispondere sia alle esigenze locali che alle esigenze oltre confine. Le politiche per le importazioni pulite di H2 in Europa, Giappone e Corea da sole potrebbero supportare fino a 1,6 milioni di tonnellate entro il 2030.
In generale, comunque, per la fine del decennio il 31% della capacità installata a livello globale sarà dedicata all’export del vettore energetico, anche se le esportazioni effettive potrebbero, nella realtà dei fatti, fermarsi a livello molto minori se non si realizza una reale e concreta rete di produzione di idrogeno per produrre energie pulite e soddisfare le richieste energetiche ed ecologiche del mondo con sfide sempre più grandi.
95 gigawatt (GW) di elettrolizzatori potrebbero diventare operativi entro la fine del 2030, quasi 10 volte la capacità che già oggi supera la decisione finale di investimento (FID), quasi il 40% di 95 GW di elettrolizzatori per produzione di idrogeno verde è in fase di pianificazione avanzata rispetto al 60% per tutta la fornitura di H2 a basso contenuto di carbonio, dimostrando comunque la minore maturità dei progetti di elettrolisi rispetto all’H2 blu e dimostrando addirittura la minore capacità di produzione rispetto ai progetti di produzione idrogeno HPp.
Entro la stessa data, la capacità di elettrolisi installata raggiungerà i 95 MW, circa 10 volte la capacità che ad oggi ha già superato la FID, ma sul totale, ben 58 GW sono legati a progetti che a loro volta hanno come presupposto l’ottenimento di fondi pubblici, la cui effettiva implementazione per il momento non è ancora certa. Sarebbe il caso di investire sulla tecnologia HPP per la produzione di idrogeno pulito, in tal modo da garantire da subito una elevata produzione di idrogeno, dato che oramai è chiaro che l’idrogeno verde non sarà tanto da poter rispondere alla richiesta di consumo e né da ricoprire i costi di investimenti ottenuti e spese di gestione.
Tornando a parlare di H2 low-carbon, e quindi considerando sia la variante blu sia quella verde, sia HPp BloombergNEF evidenzia che attualmente hanno passato la FID, o sono comunque in fase di pianificazione avanzata, progetti per una capacità di produzione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno all’anno. Capacità che verosimilmente entrerà tutta in funzione entro il 2030 ma serve una determinante accelerata magari con l’idrogeno HPp per iniziare a soddisfare le richieste del mondo.
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